Storia del periodico

  • Nota Storica IV
Cremona, 20 dicembre 2020 - La direzione

Il 2020 è stato un anno di cambiamenti su ogni fronte: privato, in-terpersonale, della convivenza nello spazio abitativo e maggiormente di quello urbano, più direttamente interessato da questi cambiamenti. Potremmo dire che sotto i nostri occhi si sta realizzando la più evidente mutazione antropolo-gia che investe contemporaneamente tutto il pianeta e quotidianamente le nostre convinzioni, le nostre certezze, le nostre regole e, ancor più, le nostre radici culturali che messe alla prova spesso non reggono alle richieste del caso. Ognuno a suo modo è chiamato ancora adesso a far fronte, di continuo, a con-trizioni di vario genere, relazionale, ed economiche in particolare, e queste spinte, spesso dettate da evidenti necessità, ci chiamano, a gran voce, a ripen-sare il mondo nel quale viviamo, a pensare un altro mondo possibile e, ognu-no a suo modo, sarà chiamato ad annotare questo cambiamento.
Il 2020 è stato per noi anche l’anno in cui abbiamo canalizzato questa spinta al cambiamento ampliando la nostra composizione intellettuale e accogliendo nel nostro gruppo, ormai ben rappresentato da studiosi e ricercatori di diverse discipline, studiosi e ricercatori della disciplina del design. Una disciplina che, molto probabilmente, è chiamata a ripensare lo spazio abitativo e lo spazio urbano, in prima persona, e dovrà mobilitare le sue energie migliori per soste-nerci in questo cambiamento in corso nell’ambito dell’abitare su scala plane-taria.
La loro competenza si è subito palesata nell’arte che più di tutti sanno profes-sare, progettare e realizzare forme ed estetiche di chiaro pregio, professionisti nella costruzione dell’immagine e ora, con noi, compagni di viaggio nella nar-razione di queste immagini e di altre che questo nuovo mondo, tutto da ri-pensare, a volte ci impone senza alternative: uso dei dispositivi di protezione individuale, distanziamento, eccetera.
Possiamo ben dire che il cambiamento in estetica è assai evidente nel restyling prodotto dai nostri amici designer, in collaborazione con molti di noi che han-no seguito la nascita di questa nuova copertina con curiosità e direi con straordinario interesse. Un chiaro segno della loro presenza è dunque già evi-dente nell’estetica della rivista.
Per dare un continuum a questi ragionamenti ci resta da aggiungere che il 2020 è l’anno che avevamo scelto, già prima della pandemia, per rinfrescare la co-pertina di Narrare i gruppi e con questo numero finalmente ci siamo ed invi-tiamo il lettore a prenderne atto. Cambia la nostra copertina e cambia anche l’intestazione, ma come si può notare ci siamo adoperati, nelle diverse riunio-ni in video, affinché venisse mantenuto un collegamento con la nostra storia estetica che ormai corre verso i vent’anni, fra cartaceo e formato on-line. L’intestazione porta infatti sullo sfondo la trama velata della vecchia coperti-na, il semicerchio invece richiama i cerchi della vecchia che stavano lì a richia-mare l’idea dei gruppi.
A tutti voi lettori facciamo un affettuoso invito a proporvi con le vostre idee affinché si possa essere sempre di più nel pensare la complessità della realtà nella quale viviamo senza essere travolti di continuo nella tentazione di ridur-la a semplice dipanamento lineare. Ricordiamo che si vive sempre e comunque all’interno di una realtà complessa e non possiamo affrontarla come fosse un gomitolo aggrovigliato che necessita solo di essere recuperato.
La realtà nella quale viviamo è complessa per sua natura e la si deve, e la si può immaginare più come un cespuglio dove un rametto, apparentemente in-significante, può davvero rappresentare un nuovo inizio.
Questo è anche il momento e il luogo per comunicare ai lettori che Narrare i gruppi, nelle sue componenti disciplinari, attiverà uno studio su: Immagini, metafore e simboli, allo scopo di contribuire alla lettura e alla narrazione di queste nuove forme di convivenza che si affacciano, di necessità, nella nostra vita. Il fine di questo studio sarà quello di aiutarci a capire meglio quali siano o saranno i nuovi simboli sui quali si edificherà la nostra esistenza dopo que-sta estenuante attesa di ritornare a vivere come esseri sociali.
Non mi resta ora che auguravi buona lettura di quest’ultimo numero del 2020, un anno davvero intenso e complesso.


  • Nota Storica III

Cremona, 02 maggio 2013 - La Direzione

La rivista nasce nel 2004, pubblicata in cartaceo da Armando, Roma.

Siamo passati sulla piattaforma digitale di Z.pab dell’Università degli Studi di Padova, invitati e accompagnati dalla dott.ssa Ornella Volpato nel 2006, dopo la pubblicazione del terzo numero cartaceo.

Un accordo non scritto ci impegnava a sperimentare questa piattaforma digitale e dopo qualche anno a migrare su un altro server per renderci autonomi.

Immaginavamo questa durata nell’ordine di qualche anno, due, tre, quattro anni al massimo, ma la cortesia e l’accoglienza del CAB ci ha sorpreso davvero tanto: siamo stati ospitati gratuitamente per sei anni.

In questi casi le parole sono davvero poche per ringraziare Ornella Volpato e l’équipe che lavora con lei al CAB di Padova per l’ospitalità che ci hanno offerto. E se la semplicità esprime il massimo della comunicazione, noi diciamo semplicemente: grazie Ornella Volpato.

Fatta questa premessa, di seguito alcune informazioni utili agli autori e ai lettori per orientarsi in questi quasi dieci anni di vita di Narrare i gruppi. Informativa per autori e lettori Rimandiamo alla nota storica II che descrive tutto il percorso fatto fino al 2009, e anche per quanto concerne l’aggiunta del sottotitolo “Etnografia dell’interazione quotidiana” al vecchio, “Prospettive cliniche e sociali” che ha portato all’attuale titolo e sottotitolo.

In questa comunicazione ci soffermeremo, invece, sulla pubblicazione di Maggio 2012.

Come il lettore attento ha già compreso, il passaggio su un altro server è già avvento. Oggi siamo ospitati dal Provider di Aruba e abbiamo, nell’occasione, dovuto riprogettare il nuovo portale mantenendolo il più vicino possibile a quello vecchio, al punto che sulla on-page le modifiche sono davvero minime. Il lavoro per la migrazione ha comportato, però, un dispendio di tempo notevole, più di sei mesi. Devo dire che noi inesperti pensavamo che in tre mesi avremmo fatto tutto, ma così non è stato, e, come anticipavo, per sbrigare tutte le pratiche necessarie e migrare fisicamente su un altro server ci sono voluti otto mesi esatti.

In questo passaggio a partire da Aprile 2012 i numeri successivi, seppur pronti, non potevano più essere messi in chiaro sul vecchio sito. Per questo motivo il numero di Maggio 2012 ha visto la luce nel nuovo sito solo il 5 febbraio 2013. Di questo ritardo facciamo le nostre più sincere scuse ai lettori. Mentre per gli autori non ha comportato nessun disguido e disagio perché la redazione, se ce ne fosse stato bisogno, è stata sempre a loro disposizione per qualsiasi certificazione.

Sicuri di avervi fatto cosa gradita non ci resta che augurarvi buona lettura dei materiali che ospitiamo nel nuovo sito.

Cari saluti a tutti voi (che siete davvero tanti e in tutto il mondo)

 

  • Nota Storica II

Padova, 11 maggio 2009 - La Direzione

Gentili lettori, cari colleghi,

“Narrare i Gruppi. Prospettive cliniche e sociali” cambia sottotitolo e diviene “Narrare i Gruppi. Etnografia dell’interazione quotidiana. Prospettive cliniche sociali”.

Questa modifica è stata suggerita, più volte, da alcuni lettori particolarmente attenti alla nostra iniziativa. Da questi suggerimenti dopo diverse consultazioni di alcuni membri del Comitato di Direzione abbiamo convenuto che tale modifica poteva essere accolta; in primo luogo perché ciò non impedisce alla rivista di pubblicare contributi di carattere clinico e sociale, e quindi non snatura il precedente assetto scientifico e culturale, in secondo luogo perché questo nuovo sottotitolo va a rimarcare, con più convinzione, l’interesse per l’approccio narrativo della nostra iniziativa. Come è ormai risaputo le tecniche etnografiche, nella ricerca, sono quelle che promuovono, più di altre, il valore della narrazione e, negli ultimi tempi, sembrano rivivere un nuovo periodo di riconoscimento, non solo nell’ambito antropologico che rappresenta il contesto di origine del termine, ma anche presso discipline affini, quale la psicologia e la sociologia.

Queste motivazioni ci sono sembrate sufficienti per accogliere favorevolmente la richiesta di aggiungere un nuovo pezzo e arricchire il nostro sottotitolo. Ricordiamo, ancora una volta, che il motore della nostra iniziativa scientifica e culturale si caratterizza, innanzitutto, per un serio e continuo ascolto dei suggerimenti che provengono dai nostri lettori (spesso giovani autori che si caratterizzano per un forte interesse per l’approccio narrativo e per un altrettanto forte entusiasmo per la ricerca scientifica) oltre che, naturalmente, dai pareri espressi da tutti i membri che fanno parte integrante della nostra iniziativa scientifica: Comitato Scientifico, Comitato di Direzione e Redazione. 

 

  • Nota Storica I

Padova, 10 maggio 2006 - La redazione

Care lettrici e cari lettori, con questo primo numero di marzo 2006, vi annunciamo la nascita della nuova rivista “Narrare i Gruppi. Prospettive cliniche e sociali”, pubblicata in piattaforma digitale web dell’Università di Padova. Diciamo subito, per non deludere gli amanti della carta stampata, che la rivista sarà presente anche nelle principali librerie nazionali e internazionali in versione cartacea.

Pur trattandosi di una nuova rivista, non si tratta propriamente di una nuova nascita, bensì di una rinascita. Infatti, viene recuperata la struttura e l’esperienza redazionale della precedente, e quasi omonima, “Narrare il Gruppo”, edita solo in versione cartacea dalla casa editrice Armando di Roma.

Diversi sono i motivi alla base della “morte” di “Narrare il gruppo” e della “nascita di “Narrare i gruppi”; il principale, emerso in varie riunioni del Comitato di Direzione e della Redazione, è quello di rendere la rivista più visibile in Italia e negli altri Paesi. Da qui il ricorso alla versione digitale, ormai la regola per qualsiasi rivista scientifica che voglia porsi da protagonista nel dibattito psicologico a livello internazionale. Più libertà nelle pagine anche per incrementare il numero dei contributi offerti alle lettrici e ai lettori e più opportunità alle diverse voci che abitano il territorio della psicologia e delle aree contigue, l’antropologia in particolare. Una pluralità di voci evocata anche dal titolo: il termine “gruppo” cede il testimone al termine “gruppi”.

Tutto ciò ha comportato altri piccoli e grandi cambiamenti che, per correttezza editoriale, sentiamo di dover condividere con Voi. Per chi già seguiva la precedente “Narrare il gruppo”, il primo cambiamento è subito evidente: non trova il quarto numero della suddetta rivista, bensì il primo numero di “Narrare i gruppi”.

Le due riviste, pur in continuità scientifica ed epistemologica, sul piano amministrativo e giuridico sono del tutto separate. Detta in termini giuridici, “Narrare il gruppo” tace per dare voce a “Narrare i gruppi”. Detto questo, ci resta da annunciare il cambio nella direzione scientifica.

Il nuovo direttore scientifico è Adriano Zamperini, al quale abbiamo già augurato un proficuo e significativo lavoro. Ma non possiamo certo dimenticare chi l’ha preceduto in questo ruolo su “Narrare il gruppo”: Bruno Vezzani.

Noi tutti ringraziamo Bruno Vezzani per averci spinto in questa avventura. E per la sua coerenza epistemologica e per quella emozionale quando, all’opera, e nel mentre, ci sottoponeva le sue dimissioni, ci permetteva di cogliere, allo stesso tempo, il profondo senso dell’impermanenza delle cose e il flusso continuo dell’esperienza umana. A Bruno diciamo in coro “com’è difficile cambiare”, ma noi speriamo di cavarcela.

Vezzani resta comunque uno di noi come membro del Comitato di Direzione. Il suo gesto ha voluto soltanto ricordarci che la libertà passa anche, e maggiormente, nella capacità di dire basta. E così, narrando di questa nostra avventura, come direbbe il poeta, si è fatta sera ed è venuta l’ora d’incamminarci verso le nostre dimore. Lasciando però a Bruno Vezzani la libertà di raccontarvi la sua storia.

“Quando non è remoto il rischio di perdere la strada può sempre soccorrere e rincuorante la fiaba di Pollicino. Su un terreno aperto alle prospettive dello smarrimento è certamente di aiuto ritrovare le tracce dei sassolini seminati nello svariare dei precedenti percorsi. Quello che in questa sede si presenta non è, però, il problema di ritrovare la via di casa. Per noi di Narrare il gruppo si dà il caso di quei viaggiatori senza biglietto (l’espressione è di Enzo Paci), senza il documento che comprovi l’intenzione di vincolarsi ad un percorso preciso per una meta definita. Viaggiatori votati all’esplorazione e all’incontro, resistenti alla tentazione di consultare ogni mappa omologata che prometta piena rassicurazione nell’avvicinamento a luoghi e a genti al momento mal conosciuti. Per noi non si pone il problema del ritorno a casa, quanto di riconoscere gli indizi di una dimora aerea, cangiante, inconclusa: lo spazio che stiamo costruendo nell’atto di percorrerlo guidati dal gusto di non sottrarsi allo spaesamento per il sentirsi presi di mira, implacabilmente tirati per l’orecchio (stiamo contraendo un debito con Nancy) dall’emergere improvviso delle domande sul senso della nostra esperienza.

Le pietruzze non accennano a una pista che da un posto meni ad un altro, così che, all’occorrenza, esse adempiano all’ufficio di indicare un possibile cammino a ritroso per riguadagnare il punto di partenza. Esse disegnano la bizzarria di un tracciato labirintico, dalla conformazione del quale ardua si presenta l’impresa di ricostruire i tempi e le direzioni secondo cui, lungo il percorso, si sono mossi i viaggiatori (verrebbe da dire, con La Cecla, i forestieri): fitto è l’intrico delle piste che divergono, si accostano, si intersecano, confluiscono e si dipartono per raggiere di direttrici orientate a luoghi dove l’esile scia dei sassi si rarefà sino a perdersi, o viene interrotta da inaspettate inversioni intese ad intercettare sentieri già visitati.

Il noi del cammino, che cerco di figurarmi spiandone le tracce, risulta un curioso protagonista. Scopro, ora, che sto riservando il pronome ad un soggetto plurale, ma esso, con una patente trasgressione dei vincoli grammaticali, appare disposto a concordanze solamente al singolare (il Noi, forte, collusivo, maiestatico, etc.) e, alla fine (violazione ancor più grave), si palesa essere Lei, la Rivista, annunciata, fra l’altro (le lesioni alla grammatica, ormai, toccano il culmine), con una espressione verbale di tempo infinito: Narrare il gruppo. Senza neppure l’articolo che le presti la parvenza di un sostantivo. Il noi, cui mi riferisco, è la quasi mostruosità logico-grammaticale di un soggetto che non si individua in un attore, ma in un agire, per altro sospeso nella tensione all’infinito. Non è che manchino i singoli attori, con progetti di identità fatti di attese, sentimenti, volontà, idee; concrete persone che nella veste di autori e di lettori si sono aggirati e si aggirano per i già segnati sentieri dedalei e altri ne tentano di nuovi. Ma il vero protagonista, il vero soggetto è la stessa costruzione dello spazio come infinito rinvio, precario nelle sue coordinate, policentrico nei suoi foci, provvisorio nelle sue figurazioni. Processo di fervorosa accensione della differance sempre in reciproco instabile rapporto con le piste che essa stessa, grazie alla disseminazione dei suoi simulacri, sta indicando, ermeneuticamente feconda perché riecheggiante i suoni di sentieri altri, invisibili, ma non per questo meno reali: pensieri/emozioni/racconti, che paradossalmente si danno solo nell’elusivo gioco della sparizione, nell’attimo che segue al loro estinguersi, misteriosamente aleggianti nel balenio di un istante, intanto che i capricci del vento e la voracità degli uccelli ne cancellano le tracce sperdendo le briciole proprio al momento in cui sono lasciate cadere perché suggeriscano un margine.

Il noi/Narrare il gruppo è soggetto in quanto cassa (casa?) di risonanza per il rimando di voci che vicendevolmente, in forma talvolta non completamente esplicita, spesso né consapevole, né voluta, si richiamano in un contrappunto narrativo radicalmente insaturo e che, pertanto, richiedono la sospensione, l’indugio nell’ascolto quale sonda per l’interrogazione di un alone di senso sempre eccedente ogni significato.

Non mi sono cacciato fra le maglie delle metafore per il semplice gusto di provare un esercizio di barocco concettismo. È venuta quasi da sé una predicazione contraddittoria e impertinente (come Ricoeur definisce la metafora), una costruzione testuale che, lacerando la tessitura referenziale con l’accoglimento dell’ambiguità semantica e della polisemia, approntasse nuove inquadrature, nuovi eventi di significazione. La mia stessa condizione di lettore in avanscoperta si è composta in discorso: a parlare è stata la condizione di chi spia lo sparso materiale da destinare al nascente fascicolo di Narrare il gruppo ed è obbligato a tenere presente la matassa dei motivi che si è aggrovigliata nel corso della pur breve vicenda della rivista.

La metafora ha dato voce – una voce che, proprio in quanto tale, non è neutra, priva di tono, timbro, colore – alla emozionata convinzione che, collazionando i disparati scritti, non si produce un organismo chiuso, placentato, così che ogni testo custodisca inalterato il rapporto di prossimità/lontananza fra le cose che vi sono dette e le parole impiegate per dirle. Nel legarli assieme, la rivista occasiona un circuito dialogico di possibili significazioni che inoltra il futuro lettore in una impresa di lettura ipertestuale, profondamente de-ricostruttiva, autenticamente ermeneutica, grazie alla quale ogni singolo sentiero indebolisce la traccia di segmento dai significati determinati ed entra in una tessitura di rapporti prospettici affatto impensati.

L’indugio nella scrittura preannuncia il congedo e, a suo modo, permette di elaborare il distacco: con la pubblicazione di questo numero intendo restituire al Comitato di Direzione il mandato di direzione scientifica della rivista. Vorrei nutrire la speranza di non averlo troppo imbrattato con le mie impronte.

Gli amici che si sono raccolti attorno alla nostra iniziativa vanno rassicurati che non ne esce sfigurato il noi: le dimissioni non sono laceranti, né per me, né, credo, per chi ha condiviso la responsabilità dell’impresa e che ora comprende i motivi della mia autonoma – tengo a sottolinearlo – decisione. Essa non nasce da risentimenti, né nasconde intenti di subdola rivalsa. Sono semplicemente delle dimissioni. Perché uno, dopo aver dato corso al desiderio di associarsi, vede che la sua libertà – una libertà qualunque, da niente, senza pomposi attributi – passa anche attraverso la capacità di dire basta. Un diritto che nessuno gli può negare.

Per dissipare ogni ombra di drammaticità dalle presenti righe, mettiamo che siano riferibili al caso di un viaggiatore senza biglietto che placidamente intrattiene con le parole i compagni, almeno quel tanto che basta – come scrive Paci – per arrivare alla stazione vicina nella quale […] crede, o […] vuole credere di essere atteso. Forse la stessa stazione da cui si è mosso. Ringraziamenti e cordialità. E auguri.”

Bruno Vezzani

 

Gentile direttore, tutti i membri della rivista e molti lettori ti mandano un infinito abbraccio per tutto quello che hai saputo donarci come se fosse nostro.

Il Comitato di Direzione e la Redazione di Narrare i gruppi

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Rivista scientifica semestrale registrata presso il tribunale di Cremona: registro stampa n° 323/2013.



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